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Il momento giusto

Il momento giusto si presenta senza troppi clamori: tu lo saprai accogliere
Il momento giusto è quello nel quale tutto è perfettamente allineato su di un asse che passa per la
tua mente, attraversa i tuoi occhi, ti trafigge il cuore e scorre lungo tutto il tuo corpo.
Ti hanno mai insegnato ad ascoltarti senza pensare ad altro che al tuo benessere?
Accade una mattina.
Esci da casa con la testa dentro a dei pensieri neri e pesanti che non promettono nulla di buono.
Cammini lungo strade attraversate da un vento caldo che ti scompiglia i capelli distogliendo, per un solo istante, la tua attenzione dal tuo umore grigio.
Passi attraverso una fitta vegetazione che ti fa venire in mente, per analogia, la densità delle tue attuali preoccupazioni incombenti.
Arrivi vicino al mare e osservi un bel panorama fatto da linee sinuose e morbide distanti da te.
Ti viene spontaneo pensare che questa situazione è identica a quella nella quale ti trovi adesso.
Vorresti raggiungere i tuoi obiettivi agognati, ma sono troppo irrimediabilmente lontani.
Non ti rimane altro da fare che sederti e guardare, provando a mettere a tacere la tua voce e quella delle tue preoccupazioni martellanti.
Solo adesso si allenta tutta la tua resistenza.
Quello che potevi fare fino ad ora l’hai già fatto e non hai più alternative.
Puoi solo stare fermo in questo tuo unico ed irripetibile “qui ed ora” e respirare profondamente.
La mente si libera di tutto quello che, adesso, non serve.
Il cuore si riscalda davanti a tutta la bellezza che i tuoi occhi stanno inquadrando
Tutto il corpo si sente più leggero.
Ce la puoi fare a guardare con più serenità e a lasciarti andare alla dolcezza della tua vita, provando a rileggere i passi che ti hanno portato fino a qui, come un dono unico e prezioso.
Ce la puoi fare; respira profondamente, andrà tutto per il tuo verso.

Fotografia di @Federica Cerami

Fotografia di @Federica Cerami

E’ tempo di andare via

E’ tempo di andare via; io in questa tempesta non posso più restare
Ho bisogno di lasciare le onde tumultuose e il vento freddo e approdare sulla roccia che saprà accogliermi con tutto quel calore che oggi mi manca
E’ tempo di andare via: dentro questo turbinio ci sono stata fino a quando ho potuto, ma nulla è servito a cambiare il corso degli eventi.
Oggi riprendo la mia vita tra le mani e ridisegno le linee sulle quali poggerò i miei passi.
Mi stacco dalla folla informe che troppe volte mi ha stretto nel suo abbraccio mortale e da sola mi incammino verso la mia strada: è tempo di rinascere
Non ho le idee chiare su cosa mi aspetterà dopo aver toccato la mia nuova terra, ma voglio provarci con tutte le mie forze.
Da lontano guardo questo scoglio che si erge in mezzo al mare con la sua fiera maestosità: la bellezza dentro la tempesta io la interpreto come un invito a proseguire.
Tocco terra, proprio quando il sole sta per calare e la mia paura dell’ignoto lentamente volge al termine proprio come questa giornata.
Tocco questa terra che è calda e morbida come l’abbraccio materno che tanto aneliamo nei momenti tristi.
Questa è la mia nuova casa: lascio le mie macerie alle spalle e porto il mio sguardo in avanti
Ho tutto da scoprire e questo è il posto giusto per ricominciare: la mia vita viene ad accogliermi.

Fotografia di @Federica Cerami

Fotografia di @Federica Cerami

Quanti volti hai?

Quanti volti hai mia amata musa?
Per quanto a lungo io riesca a guardarti, so, che ad ogni mio nuovo sguardo, mi sfuggirà sempre una nuova parte di te, che esce allo scoperto solo quando sa di poter sopravvivere agli sgambetti della vita.
Anima vagabonda, che stai su questa terra con un passo deciso ed uno tremolante, vorrei che una volta soltanto tu deponessi le tue armi di difesa e mi guardassi negli occhi per sorridermi solo un po’, senza pensare a null’altro.
Temo questo tuo sguardo austero che nasconde sempre un rimprovero costante rivolto alla tua vita che non va mai come avevi immaginato.
Guardo il velo di tristezza che non ti togli dal tuo volto pieno di storia e penso a te, mia bellissima musa, come ad una enorme montagna da scalare ogni giorno, faticosa ma piena di incantevoli sorprese.
E’ difficile per tutti mettere ogni giorno un passo dietro l’altro senza inciampare e continuare a seguire le proprie mete: facciamolo assieme, ma non guardiamo più alle disgraziate contingenze, puntiamo il nostro sguardo oltre la barricata dei nostri dolori.
Quanti volti hai madre mia che mi generato nel fuoco di una notte senza uscite di sicurezza?
Vorrei che una volta soltanto togliessimo questi specchi e uscissimo da questo buio che ci tiene legate e ferme in questo tempo immobile che non ci lascia libere.

Fotografia di @Fabio Lovino

Fotografia di @Fabio Lovino

Devo imballare

Devo imballare i pensieri vecchi e portarli nel nuovo anno.
Devo imballare la luce che ha illuminato il mio antico cammino e spostarla dentro questa nuova vita.
Procedo per tentativi stanchi, senza avere un progetto preciso.
La verità è che ho paura di perdermi i pezzi più importanti in questo faticoso trasloco.
Immagino di ritrovarmi con l’inutile in casa e l’essenziale fuori la porta.
Non so da dove iniziare: avevo segnato il punto, ma il vento dispettoso l’ha cancellato.
Mi fermo e riguardo tutta questa vita vissuto con un sentimento misto tra il nostalgico e l’ansioso.
Ho avvolto tutti i “devo” in quel fantastico telo di plastica con le bollicine che tante volte ha svolto la funzione di antistress.
Il telo, pronto ad accogliere la mia autenticità, si è moltiplicato in mille altre parti e ha aspettato il resto.
Ho fatto un respiro profondo e nella luce bianca dei miei pensieri felici ho sentito di poter proseguire.
Ho avvolto, allora, tutti i pensieri cupi, la paura di non farcela, gli specchi bugiardi, i sensi di colpa e i chili di troppo.
E’ così che si fa nei momenti di passaggio: ci si alleggerisce degli inutili fardelli.
I segni afoni della mia vita passata sono rimasti oltre il confine conferendomi, adesso, una aria di leggera incoscienza.
Porto con me: la voglia di sognare e far sognare, le fotografie che mi hanno insegnato a guardare, il cibo buono, il profumo del mare, le tante risate nate davanti al tavolino del bar a colazione, la via lattea guardata di notte d’estate e la mia voglia di esserci, così come sono.

Fotografia di @Hendrik Kerstens

Fotografia di @Hendrik Kerstens

Andava tutto così bene

Andava tutto così bene, che a ripensarci avrei dovuto fermare il tempo allora.
Eccomi qui, adesso, mentre guardo un quadrato di questa nostra storia, cristallizzato proprio nel suo momento peggiore.
Era tutto così nuovo, sai, che quando mi hai detto: “Non la girare quella manopola”, io avrei dovuto ascoltarti, ma la curiosità di vedere cosa c’era dall’altra parte, la voglia di vedere altra luce, la fretta quasi adolescenziale che mi prende quando sono felice, non mi ha dato via di scampo dal rischio nel quale siamo caduti poi tutti alla fine.
Per poter guardare di più ho toccato un punto che avrebbe dovuto restare inaccessibile e guarda ora come stiamo e dove stiamo.
E’ un paradosso: in realtà l’onda mi aveva già travolto ancor prima che arrivasse l’acqua; quando poi l’acqua è arrivata il più era già fatto, i pensieri erano già più spenti, il cuore aveva un battito molto rallentato e inesorabilmente siamo scivolati tutti dentro questo grande bacino informe, senza nemmeno opporre troppa resistenza.
Dal punto nel quale ora osservo la scena non posso fare a meno di chiedermi se ora abbiamo la voglia e la possibilità di stabilirla noi la direzione o se, invece, tutti assieme ci faremo portare dalle correnti sperando in un approdo che disegni un senso nuovo a questo nostro percorso.

Fotografia di @Federica Cerami

Fotografia di @Federica Cerami

L’operaio della visione

“Sono venuto a sistemare tutto – disse il signore con la tuta – lei non poteva continuare ancora in questo modo”.
Così è andata in quella umida mattina di inverno nella quale, come sempre, io mi ero persa nei miei pensieri.
Senza nemmeno spiegarmi la procedura lo vidi infilarsi velocemente la sua imbracatura ed iniziare altrettanto velocemente a lavorare.
“Ma da quanto andava avanti così?” Non ebbi nemmeno il tempo di capire la domanda.
Ero ancora intenta a pensare ma così cosa/come?
All’improvviso tutto il mondo nel quale stavo camminando mi apparve sotto una luce nuova, calda ed avvolgente, una luce che mi mostrava dettagli nitidi mai visti fino ad allora.
Che giornata meravigliosa -pensai- e dire che nulla lasciava presagire grandi novità rispetto al solito torpore.
Avrei tanto voluto ringraziarlo l’operaio della visione ma i miei pensieri così concentrati a godere le meraviglie del mondo che mi erano attorno mi avevano completamente distratto da quello che mi era sotto al naso e non l’avevo visto andare via.

Fotografia di @Federica Cerami

Fotografia di @Federica Cerami

Non c’è traccia di vita umana

E poi c’è stato quel giorno, me lo ricordo, anche se con tratti poco nitidi, in cui io ho visto cose molto diverse da quelle di chi era accanto a me.
Io guardavo ben oltre il tempo che osservavano i miei amici e persino la mia bambola non riusciva a starmi dietro.
Ho alzato le mani, ad un certo punto, in segno di resa perché da sola quella sofferenza che stavo iniziando a sentire anche sulla mia pelle non riuscivo più a sostenerla: era prepotente ed ingombrante.
Mi sono persa da allora, con un andamento che nel tempo ha sempre mantenuto il ritmo del singhiozzo.
Chi era con me quel giorno guardava i suoi sogni e sorrideva, io invece guardavo verso chi non avrei avuto ed il vuoto freddo mi si è palesato davanti agli occhi paralizzando ogni forma di desiderio. Posso chiedere qualcosa?
Ma a chi mi rivolgo se in questo limbo che abito, oltre me, non c’è traccia di vita umana?

Fotografia di @Federica Cerami

Fotografia di @Federica Cerami

Non ci penso proprio

Non ci penso proprio: io da questo posto non mi muovo.
Vi guardo attentamente, prendo nota di tutto quello che fate e che dite, ma alla fine resto qui e nemmeno accenno a fare o dire qualcosa.
Il posto è bello, c’è tanta gente, si potrebbero fare incontri interessanti di quelli che ti cambiano la giornata; questo pensiero mi viene in mente, ma non è abbastanza per accennare un mio movimento.
Voi non mi stavate chiamando eh?
No, sai, m’era parso di sentire il mio nome; deve esserci allora un caso di omonimia in questo luogo.
No, non mi muovo.
Pensa se poi decido di alzarmi, vi vengo incontro e sbaglio a fare o dire qualcosa e scateno gli argini degli tzunami di certe strane relazioni umane.
Pensa se poi decido di alzarmi, vi vengo incontro e scopro che non siete dove dovreste essere e le mie certezze si smontano e si confondono “come lacrime nella pioggia”.
Resto qui, continuo a guardarvi da lontano.

Foto di @Federica Cerami

Foto di @Federica Cerami

In quelle notti

In quelle notti insonni, dentro le quali i tasselli del puzzle non combaciavano
In quelle notti afose, piene di pensieri multidirezionali, quando le porte non si aprivano
Proprio in quelle notti io respiravo male, ma avevo sempre gli occhi aperti.
Pensavo: Se continuo a guardare la luce, questa luce si accorgerà di me.
Fissavo la luce bianca della luna con la stessa passione di un cacciatore di pozzi di petrolio.
Al calare della notte mi addormentavo sfinita e intrisa di una profonda delusione.
Una mattina, passando davanti al mio specchio, ho trovato un nuovo obiettivo ad attendermi.
Quanta intensità mi restituirà il mio sguardo allo specchio?
Questi occhi grandi pieni di vita passata e di vita futura, dribblando le paure, quanti gol hanno segnato?
Ho prestato attenzione ai segni sul viso.
Ogni segno un anno in più, ogni cicatrice una battaglia vinta sul campo, ogni riccio un pensiero spettinato.
Passavo i miei giorni dentro domande che si agganciavano ad altre domande.
Quando ho deciso che la direzione era nell’idea di espandere i miei confini, tutto ha preso una nuova piega.
“Passione” è stata la parola che ha cancellato “passato” e ha chiesto spazio per sedersi comodamente.
E’ stato in quel momento che ho sentito una voce fuori campo recitare l’ultimo verso di una importante poesia di Bertolt Brecht:
“Resteremo indietro, senza comprendere più nessuno e da nessuno compresi?
O dobbiamo sperare soltanto in un colpo di fortuna?
–Questo tu chiedi.
Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua”.

Fotografia di @Peter Allert

Fotografia di @Peter Allert

 

Questo è il nostro tempo lento

Questo è il nostro tempo lento, che tu lo voglia o meno.
Questo è il nostro tempo lento, arrenditi all’evidenza.
Ogni amorevole contorno, cesellato dal tuo tempo, adesso è in stato di fermo.
Da oggi dovrai procedere su terre mai battute
Ti hanno tolto la strada da seguire e gli affetti da abbracciare.
Procederai con fare goffo e incerto verso la tua nuova linfa vitale.
Chiudi gli occhi e vola fino a dove riesci ad andare.
Cosa vedi? Quanto vedi? Cosa è rimasto con te?
Ti rispondo con un po’ di inquietudine, cercando di non vacillare troppo.
La mia felicità è immateriale: niente e nessuno potrà bucarmi il pallone.
Corro e salto, dentro nuovi punti di vista, in questo tempo dilatato all’infinito.
Forse mi perderò, non mi è dato saperlo.
Forse troverò nuove parti di me che assemblerò in un puzzle da tantissimi pezzi.
Dentro questa luce nuova c’è sempre l’arte, che in piena libertà, camminerà con me.
Immersa in questa totale incertezza, l’amore per la vita non farà un passo indietro.
Non ho ancora messo a fuoco il ritmo della mia futura danza ma so per certo che ballerò ancora.
Brindo a noi due; alla vecchia me stessa che avevo imparato a conoscere e alla nuova me stessa, che non so bene come sarà ma che già amo immensamente.

Fotografia di @Aline Smithson

Fotografia di @Aline Smithson