Racconti Fotografici

You are here:
Home Racconti Fotografici

I SUPERPOTERI DELLE STORIE

Da sempre ci relazioniamo agli altri narrando storie e ascoltando storie.
Le storie creano legami emotivi profondi, costruiscono relazioni, rafforzano il senso di identità e generano curiosità per la vita.
Studio da molti anni la relazione tra la fotografia e la scrittura per costruire racconti fotografici e dopo averne scritti e pubblicati un po’ po’ ho messo a fuoco la mia scoperta; esistono dei superpoteri dentro ogni racconto che leggiamo o che costruiamo.
Seguo con percorsi singoli, on line, persone che si rivolgono a me, per il desiderio di raccontare storie fotografiche di cui hanno già in mente un tema, o per la necessità di guardarsi dentro attraverso la costruzione di storie fotografiche per provare a ritrovarsi.
Attraverso questi incontri si dipanano le matasse narrative e introspettive, seguendo delle linee che cambiano da persona a persona e da incontro a incontro.
Abbiamo tutti un gran bisogno di mettere a fuoco il nostro vissuto, guardarlo con uno sguardo più limpido, accoglierlo e magari anche condividerlo.
Ciò che unisce tutto e tutti è la magia e la gioia di assistere al grande processo di trasformazione meravigliosamente descritto da C. Vogler nel “Viaggio dell’eroe”.
Vi invito alla lettura dei miei racconti fotografici e, se vi ho incuriositi, anche a sperimentare il viaggio della narrazione, attraverso la scrittura e la fotografia, come forma di via alternativa alla quotidianità e a tuffarvi dentro la meraviglia del mosaico dei vostri pensieri fotografici.
Ho costruito un metodo per passare dalla scelta di una fotografia alla stesura del tuo racconto e l’ho chiamato Phototelling e l’ho immaginato da subito adattabile alle varie situazioni nelle quali lo propongo, sia ai singoli che ai gruppi, ai fotografi, a chi vuole acquisire un nuovo strumento di lavoro e a chi vuole trovarsi tra le parole e le immagini.
Questi racconti, così come li trovate impaginati, sono stati inseriti dal più “antico”al più “recente”.

Mi affido al pensiero di due grandi Scrittori Italiani, (Elsa Morante e Alessandro Baricco), per aprire le porte a un ragionamento sul significato che attribuiamo alla nostra volontà di scrivere storie e/o ascoltarle.
“Gli uomini, per la loro stessa natura,
tendono a darsi una spiegazione
sul mondo in cui sono nati.
Tutti, compreso il più miserabile degli emarginati,
sin dalla nascita si danno una spiegazione della realtà.
E questa li aiuta a vivere.
Senza, affogherebbero nella pazzia”
(Elsa Morante)

“Non sei fregato veramente finché hai da una parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla”. (Alessandro Baricco)

Più leggo e vedo racconti e più mi rendo conto di quanto ci aiutino a dare senso ai nostri vissuti e a rileggere le nostre emozioni.
Il racconto delle nostre esperienze definisce chi siamo nel senso più profondo, ma ha anche una funzione sociale, perché ci permette di comprendere e comunicare con gli altri, facilitando una lettura e una narrazione condivisa del mondo circostante.
I racconti, poi, ci aiutano a ricordare, a riscrivere, a esplorare il mondo, a definire valori, a rileggere avvenimenti e ad attribuire un significato all’esperienza. Possiamo riavvolgere il nastro di questi pensieri affermando che la narrazione «rivela il significato di ciò che altrimenti rimarrebbe una sequenza intollerabile di eventi» (cit. Anna Arendt).
Il fulcro della narrazione non è tanto la “verità” della storia, ma la rilettura che ne permette una nuova visione e che ci può aiutare a inserire un tassello dalla nostra storia, nella trama della nostra vita, rendendola unica e irripetibile.
Una storia, se ben raccontata è capace di mettere ordine agli accadimenti della nostra vita ed è anche per questo ci raccontiamo storie.
Quello che noi siamo dipende anche da ciò che ci raccontiamo di essere.
Questa costruzione di senso attraverso le storie che raccontiamo a noi stessi e agli altri, risponde a una delle domande più importante che l’essere umano si pone: qual è il senso?
Per rispondere in maniera adeguata a questa domanda il racconto della nostra storia deve soddisfare alcuni bisogni specifici che, insieme, danno struttura e forma al racconto stesso.
Lo psicologo sociale Roy Baumeister individua 4 bisogni fondamentali che il racconto di una esistenza deve possedere per suscitare un senso di compiutezza e pregnanza.
Il primo bisogno di ogni autobiografia è quello della FINALITÀ.
Dobbiamo avere la sensazione che tutti gli eventi, le decisioni e gli accadimenti della nostra vita siano tra loro collegabili, per un fine ed uno scopo ben preciso.
Il secondo bisogno che deve soddisfare la nostra personale storia è la capacità di GIUSTIFICARE ciò che ci raccontiamo. Dobbiamo avere la sensazione di “essere nel giusto” e di poter inserire gli eventi della nostra vita in una sorta di codice morale personale.
Il terzo bisogno è quello dell’EFFICACIA. La nostra storia deve sembrarci efficace, dobbiamo avere la sensazione che le azioni narrate siano capaci di “fare la differenza”, di avere un impatto su ciò che riteniamo buono e di incidere sulla possibilità di far avverare ciò che desideriamo.
L’ultimo bisogno fondamentale che la narrazione della nostra personale storia di vita deve soddisfare per poter generare senso deve essere il VALORE DI SÈ.
In sintesi, il racconto sulla nostra esistenza deve avere una finalità, uno scopo, un senso in cui tutto è collegabile, deve soddisfare i nostri valori, ci deve far sentire efficaci e deve farci sembrare amabili.