Out of border

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OUT OF BORDER

Fotografie di Luca di Martino

A cura di Federica Cerami

Fuori dai confini noti, oltre i circuiti classici, provando ad andare al di la del facilmente visibile; e’ in questi spazi che prende forma La ricerca fotografica di Luca, iniziata anni fa in Nepal.
La sua entusiasmante voglia di conoscere fa da propulsore alle sue ripetute fughe dai confini così ben architettate; una voglia che non conosce soste e che mette da parte la vita privata, che non considera il confort ed il ristoro come parti utili del viaggio: qui non sono ammesse distrazioni.
Tutto è messo in moto per incanalarsi solo nella costruzione del racconto fotografico, pensato in parte prima di partire e costruito e rifinito, per la maggior parte, poi sul luogo assieme alle persone incontrate.
Immagine dopo immagine il viaggio si delinea e l’attenzione si posa sulla sorpresa dell’incontro e sulla ricerca di una comunicazione che prova a superare le barriere linguistiche e culturali per approdare sempre ad un contatto semplice e diretto che inizia con il gioco e che subito dopo intercetta la domanda di chi è di fronte all’obiettivo.
E’ in quel momento che la macchina fotografica, il più delle volte, si ferma ed il fotografo diventa parte della scena inquadrata, decidendo di stare fianco a fianco con tutti gli attori dei suoi racconti, cercando sempre di non essere un muto testimone ma di vestire i panni del concittadino di tutte le popolazioni conosciute.
Quattro popolazioni malesi: BONGGI, UBIAN, PALA’U e DUSUN. Più una quinta sezione dedicata ai capovillaggio di queste popolazioni.
Quattro mondi inimmaginabili per chi non varca mai i confini della propria quotidianità, tutti raccontati sempre senza retorica ne’ sensazionalismi ma solo con il desiderio di compenetrarsi nelle storie ascoltate.
Tanta strada percorsa a piedi, come ogni bravo fotografo di reportage sa che deve fare per poter essere dentro le sue storie con tutta l’autenticità possibile.
Questa evidente carica di umanità espressa nelle immagini di Luca, diventa un filo doppio che lega il fotografo ai suoi soggetti, facendo diventare uno lo specchio degli altri e sostenendo, in tal senso, il pensiero di Capa che vedeva nella fotografie l’autoritratto del suo fotografo.
“Out of border” e’ infine anche un invito, tra le righe, ovvero concedersi la possibilità, costruendo un facile gioco di parole, di essere ogni tanto un po’ out of order, fuori uso, nel senso canonico del termine e lasciarsi trasportare dagli incontri che capitano lungo i percorsi che ci costruiamo tutti i giorni.

 

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