Architettura in quel momento

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ARCHITETTURE IN QUEL MOMENTO

Fotografie di G.C Pediconi

Testo di F. Cerami

Le Corbusier definiva l’architettura come il gioco sapiente dei volumi sotto la luce del sole.
Proviamo ad utilizzare questa affermazione come chiave di lettura per interpretare la poesia e i pensieri sottesi alla fotografia di architettura.
Le immagini di Giancarlo Pediconi sono, in tal senso, un articolato racconto del suo percorso di individuo e di architetto all’interno degli spazi da lui visitati; un racconto raffigurato ogni volta in maniera diversa, in funzione della diversa luce trovata sul posto.
Attraverso la lettura di questa luce si disegnano volumetricamente le emozioni e le intenzioni dell’architetto che ha progettato tali spazi, ma, magicamente, si ridisegna anche il vissuto di chi li fotografa.
Robert Capa sosteneva infatti che: “Ogni fotografia è l’autoritratto del fotografo che l’ha scattata”.
“Architetture in quel momento” credo nasca proprio dall’esigenza di appropiarsi dello spazio calpestato, attraverso una conoscenza fisica, ma essenzialmente emozionale, con una lettura che prova ad usare la luce, le ombre ed i riflessi per definirne anche una struggente precarietà della percezione degli spazi dettati dalla inevitabile temporalità ed irripetibilità dello scatto.
Ho visto Pediconi all’opera, con un piccolo metro nel taschino della giacca, guardare e riguardare gli spazi da lui ritenuti interessanti, camminarci dentro, ridisegnarli a matita su di un blocchetto e poi fotografarli indugiando in un necessario tempo lento di ripresa.
La macchina fotografica rivolgeva lo sguardo sui volumi, prima osservati ad occhio nudo, e lentamente ne ricostruiva le geometrie pulite ed essenziali e ne cercava, attraverso l’osservazione della luce, le molte interazioni con il paesaggio che portano l’architettura a trasformarsi in molte variabili magari talvolta non pensate dal progettista.
Il fine di questo procedimento visivo è nel sintonizzare tutto sulla stessa lunghezza d’onda di quel sottile piacere che si prova nel guardare per fotografare che tanto assomiglia al guardare per progettare.
Solo dopo una lunga serie di sessioni fotografiche affrontate con questo percorso si arriva a provare, infatti, quello che Susan Sontag affermò in un suo scritto:
“Fotografare significa appropriarsi della cosa che si fotografa.
Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che dà una sensazione di conoscenza, e quindi di potere”

Rassegna Stampa

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/10/15/architetture-in-quel-momento-in-mostra-le.html

http://www.fuoricentroscampia.it/arte_e_cultura.php?id=1556

http://1995-2015.undo.net/it/mostra/109035

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