Storie di fotografia di Architettura
Di Federica Cerami
Presentare una mostra di fotografia di architettura partendo da un famoso assunto di Bruno Zevi, mi sembra un buon modo per entrare immediatamente in contatto con la difficoltà , ed al tempo stesso con il fascino che il lavoro del fotografo di architettura esprime quando intende arrivare a dei risultati suggestivi ed utili.
“La fotograï¬a assolve il vasto compito di riprodurre fedelmente tutto ciò che c’è di bidimensionale e di tridimensionale in architettura, cioè l’intero ediï¬cio meno il suo sostantivo spaziale. (…)
Ma se il carattere precipuo dell’architettura è lo spazio interno e se il suo valore deriva dal vivere successivamente tutti i suoi stadi spaziali, è evidente che né una né cento fotograï¬ e potranno esaurire la rappresentazione di un ediï¬cio, e ciò per le stesse ragioni per cui né una né cento prospettive disegnate potrebbero farloâ€.
Facendo propria questa impossibilità di essere esaustivi in questo tipo di rappresentazione, i nostri cinque autori in mostra, animati da un lato dalle conoscenze acquisite e dall’altro dalla passione inamovibile per l’architettura, si sono mossi alla ricerca di una spazialità architettonica da ritrarre per restituire i messaggi in essa sottesi e l’esperienza da loro acquisita.
Cinque autori con cinque storie diverse, che parlano di lunghi camminamenti, di visioni che mutano nei vari passaggi e di spazi che il più delle volte sono luoghi della mente ed anche del cuore. Ogni storia raccontata, infatti, è frutto di scelte legate a ricordi o abbracciate a speranze su di un futuro prossimo, dove qualcosa ha necessità di volgere al meglio.
Ogni storia raccontata che va dalle vestigia del nostro antico passato, fino ad arrivare ad un museo che parla in modo forte di futuro, ha avuto la necessità di approcci lenti e ripetuti nel tempo che assicurano all’occhio del fotografo quasi la stessa magia del lavoro dell’architetto: uno sguardo lento, profondo, che attende e medita per conoscere il luogo, e lo abbraccia per comprenderlo.
Fotografando con queste premesse si arriva a costruire, infatti, nuove prospettive di senso, nuove ipotesi di lettura dello spazio abitato e di quello naturale, sfidando la presunta oggettività della fotografia per evidenziarne il potenziale di competizione nei confronti dell’esperienza visiva e la sua natura di processo creativo e non esclusivamente riproduttivo.
Superiamo in questo ambito l’idea del fotografare l’architettura per documentare o per realizzare una semplice catalogazione; iniziamo ad indagare adesso su come può essere costruito un racconto fotografico che porti in sé una lettura diacronica dello spazio: guardare l’oggi per capire i cambiamenti necessari del domani.
Rassegna stampa
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